Povero Marsala (parte 3): vini aromatizzati con etichette fuorilegge al supermercato

terza “puntata” della nostra inchiesta sulle sorti del vino simbolo della sicilia: chi cambierà la musica?


MILANO –
Etichette fuorilegge al supermercato per i vini aromatizzati a base Marsala. È quanto emerge dalla terza parte della nostra inchiesta sulle sfortunate sorti del vino simbolo della Sicilia. A sbagliare sono alcune insegne della Grande distribuzione organizzata, che sul cartellino del prezzo utilizzano la parola “Marsala” per descrivere quelli che, invece, sono semplici “vini aromatizzati” privi di Doc, come il “Cremovo” o il “Floriovo“.

Non succede al discount, ma nei punti vendita di grandi gruppi come Conad, Esselunga e Iper, La grande i (Finiper). La legge italiana non permette che vengano utilizzati a scopi pubblicitari o esplicativi i nomi che rimandano alle Denominazioni di origine, in accostamento a tipologie (di vini o di altri prodotti) che non rientrano nel disciplinare di produzione delle relative Doc, Dop e Docg.

Emblematico il caso dell’azienda friulana Schianchi Srl che, dal 2018, ha rinunciato all’utilizzo in etichetta del nome dei vini Doc utilizzati per la preparazione delle proprie “gelatine di vino“, per evitare di incorrere in sanzioni.

LA CONFERMA DELL’ESPERTO

“Il Marsala Doc – commenta Michele Antonio Fino, professore associato dell’Università degli Studi di Scienze gastronomiche di Pollenzo – è un ingrediente dei ‘vini aromatizzati’ in questione, come il Prosecco Doc può esserlo di uno Spritz”.

“Se uno imbottiglia dello Spritz e in etichetta ci scrive ‘Prosecco al Select’, ovviamente tutti ci scandalizziamo. La stessa cosa vale per le etichette eventualmente non rispettose della legge, o per i cartellini dei punti vendita che in modo poco accurato, invece di parlare di ‘bevanda a base di vino e uovo’, ancora parlino di ‘Marsala’ all’uovo”.

La più recente modifica del disciplinare di produzione del Marsala Doc, come ricorda Fino, risale al 2014: “Contrariamente a quanto era previsto nella legge del 1950, che fece del Marsala la prima Doc italiana giuridicamente regolamentata, e ancora nella legge di riforma 851 del 1984, oggi non esistono più quelli che venivano chiamati ‘Marsala speciali‘, prodotti con aggiunta di ingredienti diversi dall’uva e dall’alcool di origine viticola”.

“Il ‘Cremovo’, prodotto a base di Marsala Doc e uovo, che ancora era prevista nella legge del 1984 – aggiunge il professor Fino – viene oggi prodotto legalmente da diverse aziende che lo etichettano correttamente come bevanda a base di vino aromatizzato con uovo”.

Con l’autorizzazione del Consorzio di tutela – e solitamente a fronte del pagamento di somme relativamente ingenti – le aziende possono precisare che il vino utilizzato è Marsala Doc. “Tuttavia – conclude il docente di Pollenzo – non è corretto parlare di ‘vino’, nemmeno di ‘vino speciale’ e tantomeno di ‘Marsala Doc’ all’uovo”. Chi cambierà la musica?

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